Fast Fashion | Le alternative sostenibili per sentirsi bene

Forse avete già letto il mio post precedente, avete quindi visto The True Cost, siete sotto shock e volete cominciare a capirne di più di moda sostenibile e cambiare qualcosa nel vostro modo di fare shopping. Bene.

Inanzitutto niente paura, il vostro stile resta, anzi, si rafforza: io ho notato che da quando compro meno, mi vesto meglio. Siccome compro solo cose che so che utilizzerò molto, le scelgo coordinabili con il resto del guardaroba, che mi assomiglino davvero e non troppo legate ad una moda che durerà pochi mesi. Questo non vuol dire comprare solo basici noiosi, ma far la differenza nei dettagli (come la vestibilità o l’abbinamento) oppure aggiungendo accessori o interventi customizzati (fatevi ispirare dagli “scatti di strada” che trovate sui blog specializzati o su Pinterest, a me serve per avere nuove idee su come abbinare o reinterpretare i classici dell’armadio). Basta una sovrapposizione diversa, una collana rubata alla nonna o mamma, un risvolto, una scarpa sportiva dove non pensavi, un capo da uomo (rubato al fidanzato) insieme ad uno super femminile o etnico, ad esempio, tutto vi sembrerà più attuale e diverso e non vi sembrerà più di avere poche cose. Se vi sentite con la classica sensazione del “non aver niente da mettere” è perchè avete troppe cose e non coordinabili fra loro: continuando a comprare compulsivamente, la situazione non migliorerà affatto.
Se decidete di fare shopping invece, utilizzate canali diversi, economici ed inaspettati.
Come vi avevo promesso, questi che seguono sono i miei consigli super pratici da massaia (lo so, è un’ immagine inquietante) per chi vuole cominciare a limitare l’acquisto compulsivo da Sweatshop, vuole/deve spendere poco ma non sa trattenersi (come me) davanti ai vestiti.

-LA SARTA (!) : ho letto un libro di stile, una volta, abbastanza inutile, scritto da una famosa stylist americana. A parte propinarci le solite dritte scontatissime (La camicia bianca. Il trench.I jeans vintage. Il tubino nero. Pura avanguardia insomma.) l’unica cosa interessante del libro è che racconta che la madre dell’autrice, donna bellissima e con disponibilità di budget, nonostante ciò si faceva modificare TUTTO dalla sarta. E’ vero, verissimo: le modifiche salvano la vita.
Avete anche voi cose nell’armadio che amate da anni o più recenti ma di ottima qualità e provenienza, che però non riuscite a mettere? A volte basta accorciare un orlo (se siete bassine come me, cambia completamente tutta l’immagine!), accorciare una manica (da corta ad aletta ad esempio o da lunga a corta), stringere leggermente un pantalone all’altezza del ginocchio, togliere un collo passato di moda. Io ad esempio avevo comprato due anni fa (mercato, 10 euro) una gonna a ruota di campionario lunga fino ai piedi nera spiegazzata, di garza, foderata. Bellissima. Di modissima e non il solito plissèè stravisto da prontomoda. Morale: mai messa. Io sono alta (?) 1,60, sembravo una donnina del presepe. E poi, a voglia a pensare “AAh siii la metterò con canotta, giacchina di jeans e sandali rasoterra!”. Non è il mio stile, non lo è mai stato. A volte compriamo cose sicuramente belle, con uno stile che adoriamo ma che non è il nostro. Non volevo darla via perchè non mi importava di averla pagata poco, ne valeva di più, aveva un bel tessuto ed era ben fatta. Le ho fatto aggiungere due passanti in vita per poterla mettere con la cintura e limitare l’effetto palloncino sulla pancia, ed accorciare sotto il ginocchio: con tshirt oversize a righe, sneakers e cintura borchiata l’ho messa invece tutta l’estate: fighissima (la gonna).
Fatevi modificare tutto, le modifiche costano poco, sono su misura e ci guadagnate un capo nuovo. Un consiglio: ogni volta che andate a ritirare qualcosa di fatto dalla sarta, portatevi dietro subito qualcos’altro da aggiustare, così non vi scorderete più ed in giro di poco rimetterete a posto tutti quei capi belli ma inutilizzati.  E la sarta brava (ed economica) tenetevela stretta come un cimelio di famiglia.

( Io nel 2012 al primo Hello Etsy a Berlino)

( Io nel 2012 al primo convegno Hello Etsy a Berlino)

 

-ARTIGIANATO E MADE IN ITALY: qui non c’è bisogno di parlarne, sono una sostenitrice di questo indotto da sempre, lo sanno pure i sassi. Ma chiariamoci: non è detto che borse e vestiti, se fatti a mano, debbano costare un occhio della testa. Ma non possiamo neanche fare le dementi ed usare come metro di paragone il prezzo di H&M! Se c’è qualcosa di positivo che questi anni hanno portato è che tutti, almeno, abbiamo provato a farci qualcosa da soli. Quindi non possiamo più far finta di non sapere quanto tempo e dedizione ci si metta, no? Io quest’estate sono stata chiamata ad indossare (non per la mia fotogenia ovviamente, ma perchè per loro rappresentavo il credere nell’artigianato, mi sono commossa) la collezione Altrove, creata da due ragazze in gambissima e composta da capi meravigliosi ed intellettuali, che stanno bene a donne di ogni età e forma. Un progetto di nicchia forse, ma con capi che davvero durano una vita, anzi, da lasciare senza fiato, oltre che a figlie e nipoti.

(foto backstage di Atrove)

(foto backstage di Altrove)

-FAIR TRADE: cos’è? Sono capi ed accessori cuciti in paesi lontani dove però è pagato un compenso equo e realizzato con orari e condizioni di lavoro ottime, tutto garantito da una specifica certificazione internazionale. Gli esempi sono tantissimi e sempre di più: si va dalla linea Trame Di Storie di AltraQualità (di cui avevo scritto un post ) ad Auteurs Du Monde di Altromercato. Tempo fa vi avevo raccontato anche dell’innovativo negozio online londinese Birdsong London ma scriverò di altre realtà presto. Finalmente fairtrade non vuol dire solo abbigliamento etnico o poco contemporaneo!

-MERCATO: tantissimi anni fa per me mercato voleva dire solo capi di fondo di magazzino divertenti, magari anni ’60 o ’70 e campionari scontati. Negli ultimi anni ho notato che le bancarelle dell’usato che prima vedevo solo nei mercati del Sud (chiamate “Gli Americani” dalla mia zia molisana, probabilmente perchè discendenti dalle prime bancarelle di vestiti usati provenienti dall’America nel secondo dopoguerra), causa la crisi, sono arrivate ovunque. Usato spesso vuol dire mai messo o fondo di magazzino, spessissimo capi classici di ottima qualità e Made In Italy. Io quest’anno ho fatto incetta di maglioni da uomo anni ’80 fatti in Italia e con almeno il 70% di lana a 5 euro. E’ il mio fast fashion personale, il mio shopping compulsivo ma di qualità e sempre sorprendente. I capi classici da uomo inoltre (io divento matta per i girocolli Shetland, specie con etichette vintage) possono essere ottime basi per progetti di refashion per voi o la casa, trovate molte idee nel mio primo libro!.

(Foto tratta da "Rinnova il tuo Guardaroba"-Gribaudo)

(Foto tratta da “Rinnova il tuo Guardaroba”-Gribaudo)

-SEMPLICEMENTE COMPRARE MENO: scusate, so che sembra strano dirlo, ma ricordiamoci che i vestiti, per quanto io personalmente sia una che li adori, non sono beni di prima necessità, non ci costringe nessuno a comprarne così tanti  (e se sono comprati senza pensare ci troveremo sempre con armadi pieni e niente da mettere). Voi a vostra nipote cosa lascerete? La felpa di pronto moda che avete comprato a 10 euro e che non regge un mese di lavaggi? Voi invece cosa avete ereditato da vostra nonna o mamma? Chiedetevelo.

-EBAY: se fate una ricerca utilizzando il nome dei vostri brand preferiti, dopo aver visualizzato i risultati in italiano, utilizzate la lingua inglese (ad esempio “COS dress” invece che solo “COS”), vi verrà fuori una scelta molto più ampia (all’estero la compravendita di capi usati viene fatta normalmente). Inoltre se cliccate su “Asta Online”, scremerete le inserzioni di negozi o venditori professionisti che di solito usano la modalità “Compralo Subito” a prezzo fisso: spesso dalle aste private a rilancio si fanno affari migliori. Oltre che dall’Italia, privilegiate gli oggetti provenienti dall’Inghilterra/Europa piuttosto che America per non dover pagare troppo di spedizione, vanificando la convenienza. Io ho comprato spesso ottimi capi in questi anni anche per il mio compagno, come camicie Stüssy meravigliose che durano da annni.

(foto: Depop App)

(foto: Depop App)

-DEPOP: se ancora non avete questa App, scaricatela subito. E’ una sorta di mercatino dell’usato a portata di Smartphone: scatti e metti in vendita subito abbigliamento ed accessori, indicando taglia e descrivendo meglio possibile, aggiungendo foto di dettagli e misure. Molti fanno dei veri e propri servizi fotografici, styling raffinati e descrizioni romanzate bellissime, ma non è indispensabile. Per comprare fai una ricerca per categorie, marchio o parola chiave. Ma puoi anche seguire, come un social network, gli utenti il cui stile si avvicina più al tuo. L’App è ormai internazionale ma i venditori italiani sono tantissimi. Su quello che compri lasci il feedback, visibile sul profilo del venditore, un po’ come ebay, che già è una garanzia. Spesso si trovano capi ed accessori nuovi mai messi per taglia sbagliata o regali non graditi, così come sneakers comprate per moda e messe due volte. Io in questo modo ho superato con stile il problema del piede di mio figlio che ha cambiato tre numeri in 6 mesi, ad esempio. Ma si anche trova tantissimo vintage e Made in Italy di qualità, inoltre molti negozi reali lo usano per vendere i fine serie scontati.Io ho trovato un paio di stivaletti col tacco di qualità eccelsa, Made In Italy, artigianali e comodissimi, un gilet in lino Comptoir Des Cotonniers (uno dei mie marchi must) nuovo e, ehm, uno specchio anni ’80 dei Duran Duran…pensavate fossi diventata saggia, per un attimo, eh? Vi ho fregato.

PS The True Cost (in inglese, sottotitolato in italiano), lo trovate su Netflix ma anche iTunes, addirittura in noleggio. 

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