Un anno e mezzo di consulenza prodotto ai nuovi artigiani.

E’ passato un anno e mezzo da quando ho cominciato ad aiutare i nuovi artigiani a progettare meglio il loro prodotto, come oggetto ma anche come comunicazione di esso.
Da un anno assistiamo ad un momento di trasformazione della fase iniziale del nuovo artigianato, piena di passione ma di poca esperienza tecnica:  l’ondata di entusiasmo non basta più come benzina. Il pubblico di potenziali clienti è diventato più consapevole e di conseguenza è di nicchia, mentre i clienti generalisti che in un primo momento avevano affollato market e piattaforme online, impennando le vendite e facendo da lente di ingrandimento sul fenomeno, si sono dimostrati poco fedeli e attirati più dalla novità che da una vera scelta consapevole, ora si dirigono verso nuove offerte.
Questa fase è quella in cui c’è chi abbandona ma anche tantissimi principianti con poco da dire che rendono invisibili i produttori più validi, che invece si mettono in crisi (ancora) per affrontare il livello successivo.
Ecco quello che ho osservato confrontandomi, immedesimandomi e trovando soluzioni su misura con un campione di oltre 60 piccoli artigiani, attraverso consulenze via Skype o corner in giro per l’Italia.

I Nuovi Artigiani qui considerati non sono, per la stragrande maggioranza, produttori che utilizzano tecniche innovative di produzione, ma sono estremamente digitalizzati nell’aspetto delle vendite, comunicazione, racconto… aspetto in cui spesso hanno seguito corsi e già  sperimentato consulenze.

Chi sono le persone che si sono rivolte a me:
85% donne, fascia di età più comune tra i 30 e i 40 anni, provenienti per la maggior parte da nord e centro Italia.

Tipologia di prodotti:
come esperienza professionale ho una competenza su abbigliamento ed accessori quindi raramente si sono rivolte a me persone che producono oggetti diversi ma trattandosi di un mercato femminile come produttori e clienti, l’abbigliamento e gli accessori la fanno comunque da padrone. Le tecniche spaziano dal cucito, alla pelletteria, oreficeria, bigiotteria, ceramica e maglieria ma anche il settore dei servizi o della vendita di materiali per chi crea.

Crisi del settore
In questi ultimi uno/due anni, c’è stato un sovraffollamento di offerta non sempre di buono o accettabile livello: se la qualità di materiali e fattura spesso è perlomeno dignitosa infatti, il prodotto è invece troppo spesso simile a moltissimi altri. Questa enorme concorrenza, muovendosi sugli stessi canali di vendita (e-shop propri o piattaforme e-commerce collettive) e di fatto utilizzando un unico canale di comunicazione (Instagram) ha in generale diluito immagine, frenato del tutto o abbassato le vendite della maggior parte degli attori, mentre i pochi propositivi pur mantenendo un livello di vendite continuativo basato esclusivamente sulla reputazione guadagnata in questi anni, stanno affrontando faticosamente una strutturazione imprenditoriale necessaria o comunque un riallineamento rispetto ad un nuovo mercato.

I moltissimi principianti o di fatto (per inquadratura fiscale o predisposizione mentale) hobbisti, in alcuni casi stanno rinunciando a sogni imprenditoriali, mentre ancora molti, convinti spesso da un’eccessiva spinta esterna a formazione e raggiungimento di competenze, continuano a chiedersi come il perchè del loro insuccesso.

Tipologia di autoproduttori attuale
In questo momento difficile a mio parere tre sono le tipologie sul mercato.

1-Chi ha il prodotto: chi cioè o negli anni dopo un percorso di ricerca, o da subito grazie a particolare intuito o forte personalità, ha saputo rendersi riconoscibile per un prodotto o uno stile. Sono in questa categoria prodotti innovativi come utilizzo oppure come uso dei materiali o ancora di gusto estetico. Spesso sono prodotti particolari che rientrano nel concetto dell “nicchia diffusa” e hanno avuto spesso un buon successo anche all’estero. Non è detto che abbiano molti follower su Instagram (non si sono mai fatti totalmente sopraffarre dai social)  ma beneficiano comunque di molta fidelizzazione ed autorevolezza. Le vendite sono cresciute lentamente per passaparola (spesso in questa categoria rientrano persone poco inclini all’eccessiva esposizione mediatica) e ad oggi continuano ad essere in salita.
In conclusione la definirei come una predisposizione alla figura del designer/artigiano.

2-Chi ha la testa: tutti coloro che vendono un prodotto magari non innovativo come quello della prima categoria ma decisamente contemporaneo e familiare alla maggior parte del pubblico. Spesso sono prodotti “di moda” del momento, spesso ancora ispirati a prodotti già presenti nei negozi o grande distribuzione. Qui la fonte del successo va ricercata nell’abilità di racconto, comunicazione, creazione di un venditore che è anche personaggio “social” molto presente, cura dei contatti e grossa attenzione al mantenimento di una immagine generale percepita, foto spesso simili, ripetizione degli stessi concetti, riferimenti sempre allo stesso mondo di riferimento. Qui i clienti sono potenzialmente numerosi, ma spesso tropo generici e poco fidelizzati. Le vendite sono state solo italiane e i followers su instagram molto numerosi. Spesso però l’immagine fortissima sui social non è proporzionata ai numeri di vendita,che spesso consistono in prodotti dal costo singolo basso i cui proventi diventano interessanti solo se venduti in numero elevato, aspetto ultimamente in calo.  In conclusione definirei questa figura come una predisposizione alla figura dell’imprenditore/artigiano.

3-Chi ha la possibilità: semplicemente chi può permettersi, per tempo a disposizione e/o risorse economiche ricavate altrove, di continuare a produrre oggetti graziosi e di non avere ansie riguardo alla vendita a parte la soddisfazione personale. Non ci sono modi di definire questa figura, forse “lucky few” ma non sono poi così sicura che l’essere fortunati coincida con il non avere la vera necessitò di mettersi alla prova sul serio.

Problematiche comuni riscontrate:
Dopo un anno e mezzo di consulenze ho raggruppato le problematiche più comuni in tre macrogruppi:

Gruppo 1-Mancanza di focalizzazione e riconoscibilità del prodotto. Si salta da una tecnica/prodotto all’atro senza capire ciò che ci identifica di più. L’immagine è spesso piacevole ma prevarica il prodotto, il nostro pubblico ci segue perchè il nostro stile estetico è familiare (attenzione, ho scritto familiare, non unico) ma non si ricorda chi siamo e cosa facciamo. I prodotti sono “carini” ma privi di personalità ed uguali a mille altri. Qui la frustrazione è data dallo smarrimento della sensazione di “averle provate tutte”, senza realtà aver provato seriamente nulla.

Gruppo 2– qui sono tutti quelli che negli ultimi anni hanno avuto un buon successo commerciale con prodotti “di moda” legati ad un’ estetica vincente specie fino ad un paio di anni fa, quella che in gergo viene definita “da Pinterest”: leziosa, infantile, legata a colori pastello o a neutri accostati ai colori forti, minimale e riferita a nicchie indie o legata al concetto del domestico. Ora che il gusto sta cambiando perchè troppo sfruttato, improvvisamente le vendite sono calate e la causa viene spesso cercata in fantomatiche copie prodotte da altri, quando invece per primi non si sono mai prodotti oggetti originali.

Gruppo 3– In proporzione è il gruppo meno affollato ed è composto dai pochi che un prodotto forte ed originale ce l’hanno, o per innovazione o per gusto estetico e/o complessità di realizzazione.
Qui il problema sta nell’insicurezza, che spesso si accompagna alle persone dotate di gusto estetico non convenzionale e che proprio per questo motivo non trovano facilmente corrispondenza negli altri.
Questa insicurezza li ha portati infatti a decisioni sbagliatissime in fatto di comunicazione, che hanno compiuto seguendo speranzosi i “trend” più visibili su Instagram o purtroppo a causa di consulenti a cui si sono rivolti proprio per insicurezza, consulenti che di fatto si sono improvvisati tali con un’ esperienza alle spalle basata solo sul proprio percorso personale e che in questo ultimo periodo hanno seminato, anche inconsapevolmente, solo copie di loro stessi. Il risultato è una comunicazione omologata che dice cose completamente diverse dal prodotto, zero corrispondenza fra followers e potenziali clienti, magari anche un buon coinvolgimento social ma vendite inesistenti. Risultato? Ancora più insicurezza e sensazione di non aver talento (qualità invece più che presente), che il problema sia il prezzo sia troppo alto, e tendenza a diluire l’immagine ancora di più (l’opposto di quello che andrebbe fatto).

 

In conclusione:

in generale ancora una volta ho osservato e identifico l’origine della maggior parte di queste problematiche in un approccio non bilanciato alla strutturazione del proprio percorso imprenditoriale, infatti è spesso presente:

-una grande, grandissima attenzione all’apprendimento e formazione in campo comunicativo/social e di marketing.

-poco investimento ed attenzione nella crescita personale riguardo le abilità tecniche. Molti continuano ad essere autodidatti quando, specialmente per certi settori, il mercato ormai richiede maggiore qualità e complessità. L’ “Handmade with love”, se mai è bastato (forse solo tra il 2007 e il 2014), ora decisamente è una frase fatta e stucchevole. Imparare nuove abilità o approfondire quelle che abbiamo, spesso oltre che un dovere nei confronti dei nostri clienti, è anche una fonte di creatività.

-zero investimento nell’identificazione di un immaginario personale, nella ricerca estetica e di imput creativi e in generale nel coltivare la nostra individualità: da questa falla le basi della presenza su Instagram di account/prodotti fotocopia. Puntare invece su cosa ci differenzia dagli altri, non su ciò che ci unifica. Rafforzare nostro stile senza trasformarlo. Essere consapevoli, prima che di moda.

Tutti quelli che si sono fermati, anche a scapito di vendite immediate, ragionando sul proprio cammino e produzione, scegliendo di tagliare rami secchi, cercando coordinazione e trattenendosi dal cercare successo a breve termine, hanno ottenuto ottimi risultati riguardo riconoscibilità, originalità, percezione di sè, vendite. Perchè se è vero che farci conoscere è necessario, verremo facilmente dimenticati se nulla abbiamo da proporre.

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